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Wildlife Amo cio\' che è selvaggio non meno di ciò che è buono

I paesi scandinavi fanno gola a molti. Risorse petrolifere, minerarie , boschi e foreste alimentano il business delle grandi multinazionali, favorendo joint venture, con altre imprese estere in cerca di affari redditizi. E’ così, la natura, che copre il 90% di questi territori e i suoi abitanti nativi, i Sami, devono adeguarsi, e fare i conti con realtà sempre piu’ difficili.

Il surriscaldamento globale , sebbene molti ancora sostengono che non sia causato dall’ uomo, esiste. Lo tocchiamo con mano ogni giorno. Negli ultimi anni gli inverni si sono ulteriormente accorciati, i ghiacciai stanno scomparendo e gli animali fanno fatica ad adeguarsi al nuovo ritmo forzato. La tundra, ovvero la vegetazione tipica delle regioni polari artiche, ricca di muschi e licheni è in pericolo. Durante l’estate la superficie di queste terre è acquitrinosa e ciò permette alle piantedi crescervi. Al contrario del suo sottosuolo che invece è caratterizzato da metri di ghiaccio perenne che fungono da tappo al metano ed altri gas sprigionati dalla terra.

Da quando l’estate artica è diventata più calda e asciutta in seguito al riscaldamento globale, gli incendi stanno diventando frequenti anche sul limitare del Polo Nord. Altri autori dello studio che lavorano all’Istituto di Biologia Artica dell’Alaska a Fairbanks hanno osservato che se la frequenza di questi incendi ha lunghi intervalli, da 80 a 150 anni, la tundra ha il tempo di rigenerarsi. Ma se questi incendi avvengono sempre più frequentemente, come negli ultimi anni, sarà difficile che la vegetazione torni allo stato originario.

Sembra che la tundra, così come si presenta attualmente, sia apparsa sulla Terra solo due milioni di anni fa, prima della successione delle ere glaciali e in seguito a un generale e prolungato raffreddamento del pianeta. Le specie di animali e di piante tipiche di questo bioma derivano probabilmente da zone di alta montagna. Questi organismi hanno trovato nella tundra un ambiente favorevole perché simile a quello d’origine. A partire dalle aree montuose, le piante e gli animali capaci di sopravvivere in climi freddi e aridi hanno colonizzato il nuovo ambiente desertico e gelato adattandosi perfettamente. Ogni volta che la Terra andava incontro a un raffreddamento generale, la tundra si espandeva fino a interessare terre a latitudini inferiori, per poi ritirarsi durante i più caldi periodi interglaciali.

La tundra, ricchissima di licheni, si è rivelata molto utile per lo studio della diffusione delle sostanze inquinanti nel mondo: il vento, infatti, trasporta i veleni ovunque, anche per migliaia di chilometri. I licheni sono ottimi bioindicatori, ovvero sono segnali naturali che ci permettono di riconoscere il deteriorarsi degli equilibri dell’ambiente. L’inquinamento atmosferico può essere tenuto sotto controllo mediante lo studio dei licheni, i quali sono organismi formati dalla simbiosi tra un’alga e un fungo; insieme riescono ad affrontare condizioni climatiche e ambientali difficili e a colonizzare luoghi inospitali. La simbiosi è un’associazione tra organismi diversi che risulta vantaggiosa per ogni suo membro.

Nel caso dei licheni, il fungo fornisce acqua all’alga ed in cambio l’alga divide con il fungo gli zuccheri che produce con la fotosintesi. Vivendo in ambienti molto poveri di sostanze nutritive, i licheni assorbono tutto ciò che possono. Purtroppo assimilano anche sostanze nocive che con il tempo possono portarli alla morte. L’analisi dei licheni può fornire interessanti informazioni sulla presenza di inquinanti nell’ambiente. Anche le renne sono buoni bioindicatori, dato che si nutrono di licheni. I ricercatori seguono le renne mentre cercano nuovi pascoli e controllano il loro stato di salute.

La vegetazione della tundra è costituita quasi esclusivamente da piante perenni, da camefite (piante a cuscino) e da emicriptofite (piante erbacee perenni). Tra le forme a cuscino si ricordano le ericacee e la sassifraga, mentre tra le emicriptofite predomina la famiglia dei carici. Mancano completamente gli alberi d’alto fuso. Gli arbusti, betulle e salici, sono rari e di piccole dimensioni per sopportare il gelo e i forti venti. Nelle zone umide, dove il terreno è intriso di acqua, crescono muschi, giunchi, graminacee e sfagni (un tipo di muschio particolarmente adattato a vivere negli ambienti acquitrinosi).

Nonostante le basse temperature, la tundra è popolata da numerose specie animali. Molti animali migrano per evitare i mesi più freddi. Altri, invece, hanno evoluto diversi sistemi di difesa dal gelo che consentono loro di sopravvivere nella tundra anche durante la lunga e fredda notte invernale. Nella tundra il letargo non è possibile, perché il terreno gelato non permette lo scavo di rifugi e gallerie e perché la bella stagione è troppo corta per assicurare un accumulo sufficiente di riserve alimentari.

Molti piccoli animali, come il lemming, scavano tunnel sotto la neve per cercare il cibo e per sfuggire ai predatori, ma l’ermellino, un piccolo carnivoro dal corpo agile e affusolato, riesce a inseguirli anche nei loro stretti cunicoli. La volpe artica nasconde provviste di carne congelata e se ne nutre durante l’inverno. Le lepri artiche si rifugiano sotto la neve ma si cibano in superficie, rischiando di essere attaccate dalle volpi. Molte specie che rimangono nella tundra anche nei mesi invernali, come il gallo cedrone dei salici, la volpe artica, la lepre artica e l’ermellino, cambiano il colore per mimetizzarsi. In estate, quindi, hanno livree scure, brune e marroni, mentre in inverno sono candidi come la neve.

La maggior parte degli animali evita il gelo dell’inverno con la migrazione. All’inizio dell’estate, infatti, si assiste al ritorno in massa di molte specie provenienti da altre zone: i caribù, le renne, gli orsi grigi e i lupi grigi, per esempio, giungono dalle foreste boreali. Le renne si spostano riunite in grandi mandrie; le femmine partoriscono i piccoli all’inizio dell’estate, appena arrivate nella tundra. Anche i lupi grigi nascono nei mesi caldi quando, inseguendo i grandi erbivori, fanno la loro comparsa nella tundra. Gli uccelli della tundra sono per la maggior parte migratori. Alcuni, come i tetraoni dei salici, si spostano solo per brevi distanze, altri compiono viaggi di migliaia di chilometri.

La sterna artica raggiunge la tundra nordica partendo dall’Antartico dopo aver percorso 36 mila chilometri!. Le oche sono forse gli uccelli più caratteristici della tundra. Ne arrivano diverse specie che migrano per riprodursi dopo aver trascorso i mesi freddi nel Mediterraneo, in Messico, in Africa o negli Stati Uniti del sud. Le zone umide estive sono l’ambiente ideale per molte specie di insetti che trascorrono l’inverno allo stadio di uova. Le zanzare e le mosche sono così numerose da costringere i grandi mammiferi, come buoi muschiati e caribù, ad abbandonare le zone paludose per raggiungere terreni più alti e asciutti. L’abbondanza estiva di insetti richiama nella tundra moltissime specie di piccoli uccelli insettivori che vi migrano proprio per approfittare del banchetto. Gli uccelli e i lemming attirano smerigli, falconi e altri uccelli rapaci.